DECRETO BALDUZZI: SE IL GOVERNO TECNICO ENTRA NELL’AMBITO ALIMENTARE

La Legge 8 novembre 2012 n. 189 ha convertito, con modificazioni, il decreto c.d. Balduzzi (decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un piu’ alto livello di tutela della salute); con la pubblicazione, avvenuta sulla Gazzetta Ufficiale n. 263 del 10 novembre 2012, si conclude l’iter legislativo di un testo destinato a incidere profondamente sul sistema sanitario nazionale.

Con specifico riferimento alle produzioni alimentari, non mancano novità in tema di:

  • produzione nazionale di bibite analcoliche;
  • produzione di alimenti destinati a una alimentazione particolare sul territorio nazionale;
  • vendita di pesce e cefalopodi freschi nonché prodotti di acqua dolce, sfusi o preimbalalti per la vendita diretta;
  • produzione e vendita di latte crudo o crema cruda destinata al consumo finale.

La nuova disciplina sulla bevande analcoliche

Per tutte le bibite analcoliche, vendute con il nome, di uno o più frutta a succo (quali l’uva, l’arancio, il limone, il mandarino, la ciliegia, il lampone, la pesca e simili) e per le bibite analcoliche che recano denominazioni che a tali frutta si richiamino, l’obbligo di “contenuto di succo naturale non inferiore al 20 per cento”.

Si tratta di un intervento che, mancando una armonizzazione comunitaria sul tema delle denominazioni di vendita delle bibite analcoliche (diversamente dai vini o le bevande spiritose), è tecnicamente possibile e astrattamente non vietato dal diritto comunitario. In quanto, però, le nuove disposizioni sulle denominazioni delle bevande analcoliche costituiscono “norma tecnica”, questa disposizione può essere applicata solo una volta perfezionatasi, con esito positivo, la procedura di  notifica  di cui alla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e  del  Consiglio, del  22  giugno  1998 così come lo stesso art. 8, comma 16-ter, riconosce.

Mancando la notifica del provvedimento nazionale ai sensi della direttiva n. 98/34, infatti, queste disposizioni non potrebbero essere applicate, come insegna la giurisprudenza della Corte di giustizia e come da ultimo anche le corti italiane hanno stabilito (sul punto, si rinvia a D. Pisanello, in Guida alla Legislazione Alimentare, EPC, 2010). Bisognerà, in ogni caso, attendere l’esito di questa procedura, giacché può darsi il caso che la Commissione ravvisi motivi ostativi per i quali, appunto, non si perfezionerebbe quella condizione che, correttamente, la disposizione dell’art. 8, comma 16-ter, stabilisce.

Al 13 novembre 2012 non risulta che questa notifica sia stata inoltrata al livello comunitario.

 

I nuovi requisiti per la produzione di ADAP

Riorganizzazione in materia di produzione sul suolo nazionale di alimenti destinati ad una alimentazione particolare.

In base alla direttiva n. 2009/39/CE i prodotti alimentari destinati a un’alimentazione particolare sono prodotti alimentari che, per la loro particolare composizione o per il particolare processo di fabbricazione, si distinguono nettamente dai prodotti alimentari di consumo corrente, sono adatti all’obiettivo nutrizionale indicato e sono commercializzati in modo da indicare che sono conformi a tale obiettivo”. Sono quindi tre elementi costituitivi di un ADAP:

  • una particolare composizione o un particolare iter produttivo;
  • adeguatezza rispetto all’obbiettivo nutrizionale indicato;
  • modalità di commercializzazione tali da indicare la conformità del prodotto al dichiarato obiettivo nutrizionale.

Si deve aggiungere che, in base all’art. 1.3 dir. n. 2009/39, “un utilizzo nutrizionale particolare risponde alle esigenze nutrizionali particolari:

  • di alcune categorie di persone il cui processo di assimilazione o il cui metabolismo sono perturbati, oppure
  • di alcune categorie di persone che si trovano in condizioni fisiologiche particolari per cui possono trarre benefici particolari dall’ingestione controllata di talune sostanze negli alimenti; oppure
  • dei lattanti o bambini nella prima infanzia in buona salute”.

Il decreto Balduzzi non introduce modifiche a quanto previsto dalla disciplina comunitaria, la quale, peraltro, è in via di profonda revisione in chiave di semplificazione, ma stabilisce alcune condizioni per l’avvio di produzione di ADAP, in particolare:

– la competenza al riconoscimento degli stabilimenti di produzione e confezionamento viene affidata alle regioni;

– il riconoscimento potrà essere concesso previo positivo esame in loco dello stabilimento che accerti, inter alia, il rispetto dei requisiti di cui al regolamento n. 842/04/CE e, se applicabile, del reg. n. 853/04/CE e l’esistenza di un laboratorio accreditato.

 

Vendita di pesce e cefalopodi freschi nonché prodotti di acqua dolce, sfusi o preimbalalti per la vendita diretta

Il Governo ha anche avviato, coll’articolo 8, comma 4 e 5, l’attuazione, per quanto di competenza, della nuova disciplina sulla vendita diretta di taluni prodotti alimentari derivante dal regolamento n. 1169/2011 sulle informazioni sui prodotti alimentari.

In particolare si è stabilito che l’operatore del settore  alimentare che offre in vendita al consumatore finale pesce e cefalopodi freschi, nonché prodotti di acqua dolce, sfusi o preimballati per la  vendita  diretta debba apporre in modo visibile apposito cartello con le informazioni indicate con decreto del Ministro della salute, sentito il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, riportanti le informazioni relative alle corrette condizioni di impiego. La violazione dell’obbligo del cartello è punita dall’autorità competente, con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 600 a euro 3.500, ai sensi del  decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 193.

Solleva qualche perplessità che un obbligo teso alla informazione del consumatore sia sanzionato con una normativa (d. lgs. n. 193/07) di natura strettamente igienico-sanitaria. Questa contraddizione potrà anche avere qualche riverbero sulla determinazione del giudice competente in sede di opposizione.

 

Produzione e vendita di latte crudo o crema cruda destinata al consumo finale

Produzione e vendita di latte crudo hanno rappresentato negli anni passati un tema di controversa regolazione, non solo in Italia. In primo luogo, si vieta l’impiego di latte crudo e crema cruda nell’ambito della ristorazione collettiva, comprese le mense scolastiche, prevedendosi una sanzione amministrativa da euro 2.000 a euro 20.000 ( il Governo aveva proposto una forchetta da euro 5.000 a euro 50.000).

Si introduce l’obbligo di riportare sulla confezione del prodotto o in etichetta le informazioni che saranno indicate con decreto del Ministro della salute. Questo obbligo riguarda anche la produzione e vendita di crema cruda.

In caso di  cessione  diretta di latte crudo, l’operatore del settore alimentare provvede con l’esposizione di un cartello, nello stesso luogo in cui avviene la vendita del prodotto, ad informare il consumatore finale di consumare il prodotto previa bollitura.

Per la produzione di gelati utilizza latte crudo, si stabilisce l’obbligo di trattamento termico  conformemente  ai requisiti di cui al regolamento (CE) n. 853/2004.

Con decreto del Ministro della salute saranno determinate le informazioni da fornire al consumatore nel caso di utilizzo di distributori automatici per la vendita diretta di latte crudo.

Sanzioni amministrative da euro 2.000 a euro 20.000 per il caso di violazioni.

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