19
Apr2020

ORIGINE DEI PRODOTTI DELLA SALUMERIA

Anche per i prodotti della salumeria italiani, pronto l’obbligo di  indicazione dell’origine della materia prima: a breve carni suine macinate, carni separate meccanicamente, preparazioni di carni suine e prodotti a base di carne suina saranno soggette a precisi obblighi informativi sull’origine della materia prima carne, pur nel quadro della (e nonostante la) disciplina europea sull’indicazione dell’ingrediente primario (Regolamento della Commissione UE 2018/775).

Il nuovo decreto origine per il comparto dei prodotti a base di carni suine

Il Governo ha di recente varato nuove disposizioni per l’indicazione obbligatoria del luogo di provenienza nell’etichetta delle carni suine trasformate. Si tratta della prima misura resa in forza del nuovo articolo 4 della legge 3 febbraio 2011, n. 4, come modificato di recente dall’articolo 3-bis del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135.

Il Decreto interministeriale che è stato notificato alla Commissione europea, infatti, riposa sui risultati raggiunti dall’analisi svolta dall’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA) dalla quale si evincerebbe il nesso fra la qualità dell’alimento carne suina e la sua origine italiana, in linea con quanto stabilito dal Regolamento quadro in materia di informazioni sui prodotti alimentari. Come noto, infatti, l’articolo 39, paragrafo 2, del citato regolamento (UE) n. 1169/2011 disciplina la facoltà per lo Stato membro di introdurre disposizioni concernenti l’indicazione obbligatoria del paese d’origine o del luogo di provenienza degli alimenti previa verifica della percezione, da parte dei consumatori, del valore delle informazioni relative alla reputazione dell’alimento e alla sua provenienza.

Il progetto di decreto definisce le modalità di indicazione obbligatoria del luogo di provenienza per le carni della specie suina macinate, separate meccanicamente, preparazioni di carni suine e prodotti a base di carne suina. La normativa non tange le indicazioni geografiche protette come DOP-IGP (e sono numerose e rinomate) o in virtù di accordi internazionali.

L’obbligo informativo è declinato con riferimento al luogo di nascita, allevamento e macellazione del suino. In ciò una prima differenza, in chiave di maggiore informazione, rispetto alla disciplina delle carni fresche/congelate di cui al Regolamento UE n. 1337/2013, che non contempla il luogo di nascita tra le informazioni da fornire.

L’indicazione del luogo di provenienza include le seguenti informazioni:

– Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali)

– Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali)

– Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali”).

Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”. La dicitura “100% italiano” è utilizzabile solo quando ricorrano le condizioni del presente comma e la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. Possibili le combinazioni “Origine: UE”, “Origine: extra UE”  o “UE o extra UE”, a seconda dei casi.

Si segnala un ulteriore aspetto innovativo: l’indicazione del luogo di provenienza della carne suina deve essere apposta in etichetta nel campo visivo principale ed è stampata in modo da risultare facilmente visibile e chiaramente leggibile.

Il progetto di decreto riprende anche la disposizione dell’art. 13.1 del Regolamento UE 1169/2011 che vieta di nascondere, oscurare, limitare o comunque introdurre altre indicazioni scritte o grafiche o da altri elementi suscettibili di interferire con il contenuto informativo sull’origine.

Le indicazioni sul luogo di nascita, allevamento e macellazione sono stampate in caratteri la cui parte mediana (altezza della x), definita nell’allegato IV del regolamento (UE) n.1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011, non è inferiore a 1,2 millimetri. Si applicano anche le misure in deroga per gli imballaggi o contenitori la cui superficie maggiore misura meno di 80 cm2, l’altezza della x della dimensione dei caratteri di cui al paragrafo 2 è pari o superiore a 0,9 mm.

Un altro cortocircuito oppure un approccio evoluzionista?

Le nuove disposizioni entreranno in vigore dopo la pubblicazione in Gazzetta (ancora non avvenuta) e, dice il decreto, «espletata favorevolmente la procedura di notifica di cui all’articolo 45 del citato regolamento (UE) n. 1169/2011». Quest’ultimo elemento sembra rafforzare l’idea che solo una decisione positiva da parte della Commissione europea, consentirebbe la conclusione dell’iter. Il punto non è secondario, atteso che, con altre notifiche di regole tecniche in materia di origine dei prodotti alimentari, la normativa nazionale è comunque stata adottata nonostante l’assenza di positiva conclusione della procedura.

Si porrà, a queste condizioni, anche per i prodotti a base di carne suina la tematica del dover tener insieme il rispetto alla nuova disciplina nazionale e i requisiti del regolamento UE 2018/775 sull’ingrediente primario.

Il tema della non facile coesistenza tra i due livelli si è riproposto ultimamente appresosi dell’annuncio della proroga della applicabilità dei decreti origine sino a tutto il 31 dicembre 2021 e nonostante l’entrata in applicazione del regolamento n. 2018/775 sull’indicazione dell’ingrediente primario sui prodotti alimentari.  Come noto, in origine fu il latte quale materia dei prodotti lattiero caseari, decreto (D.M. 9-12-2016, Indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari, in attuazione del regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, pubblicato nella Gazz. Uff. 19 gennaio 2017, n. 15) debitamente notificato in Commissione europea; poi seguirono i decreti sull’indicazione obbligatoria del grano per la pasta di semola di grano duro (D.M. 26 luglio 2017, Indicazione dell’origine, in etichetta, del grano duro per paste di semola di grano duro, pubblicato nella Gazz. Uff. 17 agosto 2017, n. 191), e del riso (D.M. 26-7-2017, Indicazione dell’origine in etichetta del riso, pubblicato nella Gazz. Uff. 16 agosto 2017, n. 190), le cui notifiche non sembrerebbero essersi concluse positivamente e, infine, il decreto sull’origine del pomodoro per i relativi trasformati (D.M. 16-11-2017, Indicazione dell’origine in etichetta del pomodoro, pubblicato nella Gazz. Uff. 26 febbraio 2018, n. 47), decreto della cui notifica si nutrono ancora dubbi. Ma oramai il punto non sembra più essere la avvenuta notifica o meno della misura nazionale, men che meno l’eventuale parere negativo della Commissione.

Tanto è vero che i predetti decreti, tutti presentati a titolo sperimentale, erano subordinati alla clausola di cedevolezza a fronte dell’intervento regolatorio della Commissione in esecuzione dell’art. 26.3 del regolamento n. 1169/2011, poi concretizzatosi con il (mai a sufficienza vituperato) Regolamento n. 2018/775. I decreti “origine” sono però rimasti in vigore.

Sicuramente abbondano le ragioni di diritto per aderire alla voce di chi ha stigmatizzato questo procedere. Eppure.

Eppure la circostanza che questo nuovo decreto origine sui prodotti a base di carne suina sia stato elaborato in sintonia con le associazioni rappresentative dalla filiera suinicola italiana dovrebbe farci riflettere. Riflettere sulla fondatezza o meno dell’affermazione, spesso ripetuta come un mantra, dell’intangibilità assoluta del mercato unico. Riflettere anche sulla circostanza che il meccanismo di produzione di benessere economico che per quarant’anni ha funzionato nell’Europa occidentale non regge più lo scopo né il peso di un mondo del tutto diverso.

Senza nutrire alcuna simpatia (tutt’altro) per venturieri dal cinguettio spregiudicato e pericoloso,  pare a chi scrive sia evidente la relatività delle accuse al gastro-nazionalismo, così come la parzialità delle critiche (anche quelle fondate e autorevoli) a un quadro regolatorio indecifrabile e di difficile gestione.

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