10
Gen2018

BRUXELLES APRE ALL’INDICAZIONE D’ORIGINE: CHE SIA GIUNTO IL MOMENTO?

Il 10 gennaio 2018 abbiamo avuto nuovamente l’onore di aprire l’inserto AgricolturaOggi di ItaliaOggi (apri ItaliaOggi 10 gennaio 2018) con una prima lettura della recente proposta della Commissione europea  indicazione obbligatoria del paese di origine (o del luogo di provenienza) dell’ingrediente primario dei prodotti alimentari, quando questo sia diverso da quello dichiarato sul prodotto finale (ad es., origine del cacao per il cioccolato dichiarato Italiano, origine della carne di suino per il prosciutto cotto recante una bandiera italiana).

Nel merito, la Commissione propone che, se nell’etichetta di qualsiasi prodotto alimentare «sia indicata» l’origine dell’alimento (es. Cioccolato prodotto in Italia) e questa sia diversa da quella dell’ingrediente primario (che rappresenta più del 50% del prodotto finito), si debba riportare a tal proposito un’informazione specifica sull’origine dell’ingrediente principale nello stesso campo visivo in cui la indicazione dell’origine dell’alimento è posta. Nel fornire questa informazione la Commissione offre più di una opzione, consentendo all’operatore di scegliere se limitarsi alla scelta tra “UE”, “non UE” e “UE e non UE» (es. “cacao non UE”), oppure ricorrere all’indicazione specifica dello Stato di provenienza, anche extra-UE, (restando al nostro esempio: “cacao: Vietnam” e forse anche “cacao: Vietnam e Indonesia”) ma anche – e qui la proposta segnala un punto di notevole interesse non solo giuridico –  di regioni o aree geografiche, anche transfrontaliere: sembrerebbe possibile, ad esempio, indicare anche la provincia o ambito geografici diversi purché sufficientemente noti, ad esempio  “latte: Maremma”, “origine carni di suino: provincia di Bologna”, “cacao: Provincia di Napo (Ecuador)”). È possibile, come peraltro previsto nello stesso regolamento di base (n. 1169/2011), adempiere all’obbligo dichiarando al consumatore semplicemente che l’ingrediente primario ha origine diversa da quella del prodotto finito, ipotesi utile nei casi di approvvigionamento multi-paese della materia prima principale.

Altro elemento normativo rilevante è la previsione per la quale tale informazione andrebbe posta nello stesso campo visivo in cui si fa riferimento, con parole o anche disegni, all’origine dell’alimento. Neanche i decreti italiani summenzionati si erano spinti a tanto.

Si deve sottolineare che le nuove regole, se approvate come proposte dalla Commissione, non si applicheranno a tutti gli alimenti ma solo a quelli che, per l’appunto, recano in etichetta una indicazione dell’origine o della provenienza (ad es.: Cioccolato Italiano, Birra prodotta in Italia, Formaggio Pecorino della Maremma, Mortadella di Pistoia). La proposta, tuttavia, non contiene una definizione del concetto di «indicazione», per cui alcune incertezze rischiano di porsi per i casi di riferimenti o suggestioni toponomastiche più sfumati, nei quali cioè non si abbia una affermazione diretta e chiara della indicazione geografica.

Occorre anche ricordare che la proposta non tange gli alimenti (incluso il vino) recanti indicazioni geografiche protette ai sensi della normativa sulle DOP, IGP, oppure STG (specialità tradizionale garantita, come la mozzarella o la Pizza Napoletana), ai sensi della normativa PAC e di quella posta a disciplina dei vini aromatizzati, dei liquori e delle bevande spiritose. Una deroga ad hoc viene proposta quanto ai rapporti coi marchi registrati contenenti una indicazione geografica. È chiaro però a tutti che, se questa disciplina dovesse prendere forma, l’impatto sul mondo delle DOP-IGP sarebbe notevole.

Secondo i piani della Commissione, il regolamento potrebbe entrare in applicazione il 1° aprile 2019 con l’effetto che le discipline nazionali nel frattempo adottate da alcuni paesi (Italia ma anche in Francia, Romania o Spagna) sarebbero superate e cedevoli rispetto al quadro europeo. Sebbene la proposta miri a prevedere in tuti i paesi UE l’indicazione dell’origine dell’ingrediente primario, quest’ultimo è previsto solo quando una “indicazione al paese di origine o luogo di provenienza” è indicato, mentre i decreti italiani sul latte, grano e riso si applicano indipendentemente da questa condizione ma questi ultimi, come noto, sono applicabili solo alle produzioni realizzate in Italia per il mercato italiano. La proposta, nella sua attuale formulazione, si limita a prevedere l’obbligo di origine dell’ingrediente primario senza precisare cosa si debba intendere per “origine”: in taluni casi stabilire quale sia l’origine non è semplice; basta pensare al latte per la produzione di formaggio o alle carni di suino impiegata in della mortadella o in un prosciutto cotto: qual è la sua origine, il luogo di nascita, allevamento, macellazione o trasformazione? Oppure, per restare nel settore delle carni, dovrebbe trovare applicare il Reg. n. 1337/2013 sulla l’indicazione del paese di origine o del luogo di provenienza delle carni fresche, refrigerate o congelate di animali della specie suina, ovina, caprina e di volatili?

La proposta, come detto, marca un cambio di passo in materia di indicazione dell’origine dei prodotti alimentari. Dopo anni di studi e relazioni della Commissione e dopo un vivo dibattito e spesso vivaci polemiche sul vero o presunto gastro-nazionalismo di alcuni governi (tra cui il nostro), sembra aprirsi una disponibilità anche da Bruxelles a favorire strumenti di informazione che valorizzino il cibo in quanto portatore di messaggi ulteriori e più preziosi del mero commercio di una cosa.

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